Sul numero del giornale, in questi giorni in edicola, si può leggere l’articolo dell’amico Giuseppe Nucci che ringraziamo. Due pagine che parlano di fotografia, della bellezza del borgo, della transumanza e molto altro…
Di seguito la parte iniziale, Su la Foce d’agosto l’articolo completo, da non perdere.
A giugno avevo promesso di scrivere un articolo per “La Foce“ dopo una giornata in cui Scanno ci ha mostrato la sua magia e la sua bellezza. Ormai sono tre anni che torno, a intervalli regolari, in questo luogo “sacro” per i fotografi, sempre in cerca di nuove chiavi di lettura della sua storia che mi consentano di aprire nuove porte. Non si può andare in un posto così tanto legato alla fotografia e non avvertirne il peso, la responsabilità. Non si può venire a Scanno e fare delle foto senza un motivo ben preciso legato alle sue vicende perché si rischierebbe di cadere nello stereotipo e nel manierismo. Scanno e il suo costume sono ciò che resta di una società matriarcale, in cui le donne dovevano provvedere a tutti i bisogni della famiglia perché gli uomini da settembre a maggio venivano portati via dalla transumanza e dal mestiere un tempo predominante, quello del pastore. Perché partivano? Questa è la domanda, tutt’altro che banale che mi rivolse il giornalista tedesco di Stern magazine quando visitò con me, due anni or sono, il borgo delle meraviglie. La risposta è semplice ma sfugge alle orde di turisti mordi e fuggi in cerca di un selfie e di un ristorante tipico. Le greggi, con i pastori al seguito, dovevano spostarsi perché non esistevano stalle così grandi da potere contenere le migliaia di ovini presenti sul territorio, durante la stagione invernale. Non esistevano trattori e macchine moderne per raccogliere il fieno e non esistevano tantomeno i camion, per spostare in poche ore le greggi. Tutto questo ha smesso di accadere meno di un secolo fa, quando il mondo ha iniziato a rincorrere il progresso e la civiltà della transumanza è stata spazzata via da fabbriche, strade e autostrade, tecnologie e tessuti sintetici. Quella che Pasolini definisce civiltà dei consumi ha prodotto, in poco meno di un secolo, il più grave danno ambientale al pianeta terra, cancellando, in un baleno, secoli di storia e avviando un processo di rimozione culturale degli usi e dei costumi. Quello su cui camminiamo, oggi, sono le vestigia di luoghi carichi di storia e pathos su cui poche volte ci si sofferma a riflettere.