Pagine di gioventù: “finale”

Con questo ultimo episodio si conclude la pubblicazione di questa rubrica che ci ha tenuto compagnia ogni venerdì da inizio anno 2022. Un grande grazie va alla Foce che ha permesso tutto questo e all’autore di queste “pagine” che hanno raccontato un ventennio (1959 – 1979) di vita vissuta. Un ringraziamento speciale va anche a tutti coloro che ci hanno seguito con attenzione e partecipazione.

La gioventù è un mozzico!

Dopo aver conseguito la maturità, finalmente promosso con qualche anno di ritardo, la prima considerazione fu quella che magari con un po’ d’impegno in più si poteva senz’altro fare meglio. Solo a ripensare a quelle pagine lette e rilette più volte per preparare l’esame finale, in particolare di letteratura e storia, c’era veramente da star male. Prendiamone uno a caso, Giacomino Leopardi, per esempio; come faceva a stare dentro casa, fra quattro mura, tutto il giorno chino sui libri a studiare e studiare durante gli anni più belli della sua vita? E visto che qualsiasi risposta non ci avrebbe fatto ne caldo ne freddo, la nostra preoccupazione, ormai alla soglia dei 20 anni, era quella di trascorrere nel miglior modo possibile quegli ultimi anni spensierati che ci restavano prima del servizio militare, l’università o prima di andare a lavorare. Chi aveva qualche anno in più già si era allontanato dal paese oppure era rimasto e aveva iniziato come cameriere o operaio, non disdegnando nel tempo libero, un po’ di divertimento.

Quel ventennio 1959/79 era tutto un fermento e con i nuovi generi musicali era impossibile restare fermi. Le nostre ragazze, nonostante la timidezza, erano abbastanza prese dalle nuove mode e brave nell’esibirsi nel ballo; chissà per quanto tempo si erano esercitate tra loro. Noi maschietti invece eravamo più per Peppino Caribaldi con la C, condizionati dal dialetto (Carebald), in gita con i suoi mille compagni con la camicia rossa in Sicilia, tipo una squadra di calcio. E anche per Carletto Marx e il suo Manifesto che mai ci saremmo sognati di leggere se non sul Bignami per sapere più o meno quello che voleva dire. Le giornate in piazza, fra tantissima gente, passavano lentamente discutendo principalmente a quale prossimo concorso partecipare. Sceglievamo ovviamente quelle città dove non eravamo mai stati così da girare il più possibile e incontrare nuova gente. A parte le partite a pallone e Radio Scanno, in paese non c’era molto da fare. Si aspettava la sera per incontrare le ragazze lungo la “ciambella”, ci si salutava in continuazione e basta come se non ci vedessimo da una vita.

Quei giorni sembravano infiniti ma bellissimi, un po’ rattristiti da quei film del momento come Love Story e Giulietta e Romeo di Zeffirelli dove a morire per amore o malattia toccava sempre ai protagonisti principali in giovane età come la nostra. Ma per fortuna era solo cinema e non realtà. Nel pieno delle nostre energie, ci capitava raramente di pensare a cose brutte anche se in noi qualcosa stava cambiando, eravamo ormai sulla soglia di diventare grandi quando si sta per rendesi purtroppo conto che la gioventù non dura per sempre; è un periodo della vita da non trascurare affatto perché spesso si consuma in un sol boccone, ed è possibile che sia solo uno sbiadito arcobaleno appena accennato, lì, lì pronto a svanire.

Foto: La Racelletta, via Vallone, Scanno 1959

Fonte: Raccolta “Pagine di gioventù” (1959-1979) di Pelino Quaglione

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