Dire, fare…votare

Quarto appuntamento (aprile 2023) di: “Che idea ti sei fatta?”   

Tra due settimane (14 e 15 maggio) gli scannesi sono chiamati al voto per il rinnovo dell’Amministrazione comunale che, salvo imprevisti, governerà il paese per i prossimi 5 anni.

La lista n.1 “Scanno Futura” con candidato sindaco Fernando Ciancarelli spera nello scontento di parte dei cittadini, mentre la lista n.2 “Scanno è di tutti” con candidato sindaco Giovanni Mastrogiovanni, al secondo mandato, punta sulla continuità e sul termine del riequilibrio finanziario del Comune, iniziato con la procedura di dichiarazione di dissesto.

Dopo la presentazione delle due liste e le tante parole per illustrare i rispettivi programmi (per i fatti c’è tempo), è già caccia al voto. Dal punto di vista della filosofia morale e politica il voto è un fenomeno molto interessante. Ancor più se si pensa a quando votare non era permesso. Il valore del voto risiede innanzitutto nel fatto che si tratta di un segno minimo dell’esistenza di un sistema democratico. Nei regimi non democratici lamentarsi diventa molto difficile. Ma, assunto il valore politico essenziale del voto, come mezzo – forse non sufficiente, certo – di difesa delle libertà, rimangono altre questioni di cui i filosofi si sono occupati. Secondo Jason Brennan, per esempio, bisognerebbe farsi almeno le seguenti domande, prima di andare a votare.

Vale la pena votare? Cioè vale la pena di perdere il tempo necessario a farlo, eventualmente pagarne i costi (il viaggio, la benzina, ecc.) ma anche le informazioni da raccogliere per votare con convinzione, per andare a dare un voto che non è detto (anzi è molto improbabile) cambierà l’esito? C’è un dovere morale di votare? C’è un obbligo politico di votare, che i governi democratici dovrebbero imporre ai propri cittadini? È lecito commerciare voti, cioè cedere ad altri per denaro o per avere un favore il proprio diritto di voto, ed è lecito acquistare da altri questo diritto?

Si potrebbe pensarla così. Ci sono due possibilità: o la lista che voterò prenderà molti altri voti, oltre al mio, e magari raggiungerà i voti sufficienti a governare oppure, il partito che voterò non prenderà tutti i voti sufficienti per vincere. Ma ovviamente tutti possono pensare così, e se tutti pensassero così nessuno andrebbe a votare, e allora varrebbe proprio la pena di andarci, perché il mio voto sarebbe l’unico determinante. Ma come facciamo a sapere quanti nostri concittadini andranno a votare? Insomma, non si capisce che cosa accadrà; o il nostro voto sarà determinante, o sarà inutile. Tutto questo ragionamento – che gli studiosi chiamano “paradosso del voto”, e riproduce la struttura di molti casi simili di azione collettiva – assume che lo scopo di chi va a votare sia influenzare, col suo voto, il risultato, e così facendo, determinare le decisioni politiche e la composizione del governo. Ed è ovvio che la maggior parte dei votanti si ponga questo obiettivo. Se le cose stanno così, allora converrà votare quando si sa che il proprio voto sarà decisivo – o avrà forti probabilità di esserlo – nel decidere chi e come governerà. Il voto utile, dunque, è il voto decisivo.

A.Daltasso

N.B.: Questa rubrica è aperta a tutti e prende in considerazione, ogni fine mese, i fatti, la Cultura, la politica, l’ambiente, le tradizioni, ecc. del periodo. Pertanto, il quinto appuntamento è per il 31 maggio, chi volesse parteciparne può inviare il suo contributo al nostro indirizzo di posta elettronica redazione@lafocediscanno.com

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