La classe camerieri va in paradiso

Da dove si riconosce se un albergo con annesso ristorante è buono? Certamente dalla pulizia, dal fare cortese e gentile dei suoi gestori, dalla qualità della tavola e principalmente dai servizi.

Sul finire degli anni ’70, chiusa la scuola per le vacanze, per noi ragazzi appena adolescenti forse l’unico modo per tirare su qualche lira era proprio quello di andare a fare il cameriere. S’iniziava con lo stare al bar per imparare a fare il caffè, quindi a conoscere tutti i tipi di bibite e liquori, i vari stuzzichini e patatine, per finire con il preparare le colazioni da servire in camera. Solo dopo un bel po’ di tirocinio si poteva passare alla sala da pranzo ma solo per servire pane e acqua, sparecchiare, pulire per terra e riapparecchiare seguendo gli insegnamenti dei più esperti, come Paolo, Cosimo, Fiore, Pasquale, Sandrino, Enrico, ecc. secondo un galateo ben definito ma altrettanto casareccio.

Prima regola: avere giacca e camicia bianca sempre pulite. Seconda: un paio di scarpe comode. La prova più difficile e rischiosa? Servire gli spaghetti o le linguine. E se ti cadeva un bicchiere e si rompeva, allora via con l’applauso: cocci?

Lasciando per un attimo da parte il senso pratico della questione, il fatto più strano ed inquietante, non del tutto trascurabile specialmente per i più timidi, era lo stare a diretto contatto con il cliente con il quale bisognava interloquire, ascoltare le sue richieste, essere abbastanza veloce nell’accontentarlo e, se possibile, sembrare quantomeno sempre calmo e pronto per qualsiasi evenienza. Al riguardo, capimmo da subito che comunque il mestiere di cameriere non era affatto facile; pieno di responsabilità e attenzione in quanto ne valeva il buon nome del posto dove si lavorava. E c’erano anche degli orari rigidi da rispettare; da mattina presto a tarda sera. C’era però anche la parte ludica di questa attività, legata spesso ai tanti strafalcioni o errori commessi da alcuni di noi. Giravano voci su un nostro collega che, mentre serviva un piatto di minestrone, inavvertitamente mise il pollice proprio dentro al piatto, per questo fu subito ripreso dal cliente che gli fece notare che ciò non era affatto normale e poco igienico…Il nostro senza scomporsi rispose: “non si preoccupi tanto non scotta!”. In un’altra occasione invece dalla cucina una minestra andava e veniva per un bel po’ di volte poiché ora troppo calda, ora alquanto fredda. Allora, anche qui la risposta in tutta schiettezza non tardò molto a venire: “cu va truvenne calle e fridde, e magna esse”.

In quegli anni il turismo a Scanno era in pieno sviluppo; ci veniva tantissima gente per lunghi periodi di villeggiatura, persone facoltose con tutta la famiglia. Il nostro paese in breve tempo diventò un posto molto ambito tanto da meritarsi l’appellativo di “perla d’Abruzzo”. Di conseguenza anche le mance per noi ragazzi erano abbastanza generose; l’accortezza stava nel farsi voler bene dai clienti dimostrando umiltà e simpatia al fine di creare un rapporto familiare in piena fiducia reciproca. Tra noi e molti nostri coetanei villeggianti nacquero per questo anche vere e profonde amicizie durate nel tempo. Grazie allo stare insieme ci diede la possibilità di aprirci e fare grandi passi avanti sul modo di relazionarci con gli altri. Il lavoro in se era abbastanza faticoso soprattutto nei tanti sposalizi; a quei tempi anche più di uno nello stesso giorno e spesso, come si dice: “non si trovava un cameriere nemmeno a pagarlo!”. Per fortuna a Scanno ne esisteva una vasta schiera: bravi e preparati, molto ricercati che, dopo aver servito i clienti dell’albergo, con solerzia continuavano la propria attività nei matrimoni.

E a Capodanno c’era il tutto esaurito, si lavorava tantissimo, si brindava e ci si scambiavano gli auguri in un clima di festa. Inoltre il ricambio era garantito dai tanti ragazzi giovani che, vista l’ampia richiesta, si convinsero che almeno bisognava provarci. Inoltre c’era la possibilità di incontrare e conoscere personaggi famosi come la bellissima Claudia Cardinale, la presentatrice Gabriella Farinon, lo scrittore Bassani, i ciclisti Eddy Merckx, Bitossi e Adorni e tantissimi altri.

E poiché quasi tutte le feste di quel periodo si concludevano con successo, non vi pare che gran parte del merito sia da imputare anche al lavoro e alla professionalità di quell’impareggiabile generazione di camerieri?

Fonte: Raccolta “Pagine di gioventù” (1959 – 1979) di Pelino Quaglione

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