Restando in “clima” pasquale: Acqua a catinelle

Guarda caso, quando doveva piovere? Nemmeno a farlo apposta, proprio il giorno “de’ju cummete”, proprio durante quel benedetto lunedì di Pasqua e fin dal mattino presto, quando eravamo già in giro per organizzare la nostra scampagnata. L’attesa si era ormai fatta frenetica condizionata non poco dal decidere se andare o no, nel mentre non si finiva mai di fare e rifare i conti della spesa; cosa dovevamo acquistare, se cucinare la pasta, se prendere la frutta e il dolce, le salcicce, da bere e un po’ d’ agnello per il rispetto della tradizione. Era comunque la nostra prima volta e a soli 10/12 anni non sapevamo di certo come comportarci: quali fossero i prezzi e dove andare a comprare. Anzi per dirla tutta, la nostra timidezza e inesperienza si tramutava puntualmente in vergogna solo al pensiero di entrare in un negozio, perciò non restava che fare la conta che sistematicamente non veniva mai rispettata.

E allora come fare? Ci si doveva per forza affidare alle ragazze, già esperte e molto preparate in fatto di come saper scegliere i vari prodotti e più semplicemente di come non spendere tanto. Era il 1965 e il nostro gruppo, composto inizialmente da circa quindici unità, si ridusse da subito di quasi la metà per via del maltempo e per l’assenza di tutte le ragazze…a loro dire: “la mamma non mi ci manda”. Rimasti quindi in pochi e solo maschietti ci avviammo verso le Prata, fermandoci nei pressi della “crucetta”. Qui ci affrettammo ad allestire un riparo improvvisato con dei rami raccattati nei pressi, quindi provammo ad accendere il fuoco nonostante quella fastidiosissima pioggia incessante mista a neve. Peggio di così non ci poteva andare e la speranza che il tempo potesse migliorare stava man mano per lasciare il posto ad un senso di puro sconforto. Provammo più volte a cucinare almeno la pasta ma l’acqua non riusciva mai a bollire; la legna era bagnata e faceva solo fumo.

All’improvviso uno sprazzo di sereno con qualche timido raggio di sole si fece largo fra le nuvole a valle sopra Scanno e così riprendemmo un po’ di coraggio. Era ora che venissimo premiati soprattutto perché erano quasi le due del pomeriggio e avevamo mangiato solo qualche fetta di pane mezza abbrustolita. Il fuoco si spegneva in continuazione e noi giù a soffiare imperterriti; quella poca cenere, mista a carbonella, ce la ritrovammo ben presto sulle nostre facce.

Allora bruciammo tutta la carta che avevamo a disposizione. Una fievole fiammella stava per animarsi; era giunto il fatidico momento di cucinare la carne, per gli spaghetti meglio lasciar perdere. L’agnello, già tagliato, l’avevamo in qualche modo infilato in dei bastoncini tipo arrosticini come avevamo visto fare nei film di indiani e cowboy nel Far West, con la differenza che a loro andava tutto bene mentre a noi più di un pezzo era già finito per terra. L’attesa per la cottura era simile a quella che si provava quando si era lì, lì per aprire un pacco regalo; era così snervante che la gran fame che avevamo era bella che passata grazie anche al fatto che, prima del tempo e alla chetichella, la maggior parte di noi aveva già trovato rifugio nella frutta, in assenza del dolce che non avevamo preso perché costava troppo. Quella prima uscita fuori porta non fu certo fortunata: più che una tranquilla scampagnata era diventata una vera avventura con innumerevoli imprevisti. Il bel tempo ebbe vita breve, infatti la pioggia riprese a cadere più forte di prima. Zuppi fino alla punta dei capelli e sporchi di fango, tant’è che le scarpe erano da buttare, pensammo bene di racimolare in fretta quel poco che era rimasto per riavviarci verso casa. Ora però bisognava trovare il modo di come giustificare questo nostro fallimento e quella scelta azzardata del mattino di andare comunque. Come dirlo alle ragazze? E ai nostri genitori? Meglio non farsi vedere. Così come eravamo conciati, quasi irriconoscibili, ci venne l’idea di aspettare che facesse buio e di sostenere la scusa che purtroppo avevamo perso la strada del ritorno. A tal proposito non facemmo altro che peggiorare la situazione. I nostri genitori erano preoccupatissimi, visto il ritardo e il perdurare del brutto tempo.

In poche parole la trovata non fu delle migliori poiché improbabile e poco convincente, in pratica faceva acqua da tutte le parti; come se non fosse bastata tutta quella caduta durante l’intera giornata.

Fonte: Raccolta “Pagine di gioventù” (1959 – 1979) di Pelino Quaglione

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