La Politica Agricola Comune (Pac) uccide la pastorizia abruzzese

Comparto ovicaprino escluso dal premio benessere animale.

Con la nuova programmazione della Politica Agricola Comune (Pac) 2023-27 si condanna a morte la pastorizia abruzzese, umbra e marchigiana e si mette, definitivamente, la parola fine a centinaia di anni di storia, una storia che affonda le sue radici nelle nostre tradizioni, nelle nostre montagne, che rischiano ancora di più lo spopolamento, e nella nostra cultura.

Leggendo attentamente il Piano strategico nazionale-Psn della Pac 2023-2027 “, si scopre infatti come, il settore, non figuri tra quelli rientranti nell’eco schema per il pagamento del premio per il benessere animale e la riduzione degli antibiotici, con specifico riferimento agli allevamenti che si impegnano al rispetto degli obblighi specifici nel settore del benessere animale e praticano il pascolamento o allevamento semibrado. L’intervento è, al momento, riservato solo ai bovini da latte e da carne ed ai suini, lasciando appunto fuori il comparto ovicaprino che è molto forte in Abruzzo, ma che viene considerato non utile al raggiungimento degli obiettivi ambientali della Pac.

Una scelta scellerata che si  fa fatica a comprendere, dato che è il pascolamento che conferisce sia alle carni che al latte ovicaprini, e conseguentemente alle produzioni lattiero-casearie, caratteristiche qualitative molto apprezzate dal mercato nazionale ed estero. Non a caso sono registrati in Italia ben 3 Igp relative alle carni di agnello e 11 dop per i formaggi ovini e caprini.

Oltre al danno poi, come sempre, dalla programmazione della PAC arriva anche la beffa  visto che, ancora una volta, si è deciso di penalizzare gli allevatori locali a tutto vantaggio di chi viene da fuori o di chi ha grandi numeri, andando così a stritolare gli operatori delle nostre montagne che, sempre più spesso, hanno difficoltà oggettive nel trovare i terreni sui quali far pascolare le pecore visto che i grandi gruppi di speculatori, la maggior parte dei quali viene dal nord Italia, si è accaparrato i terreni migliori favorendo un aumento insostenibile dei canoni di affitto per gli storici pastori abruzzesi. Peccato che questi, a differenza degli allevatori locali, siano interessati esclusivamente (o quasi) al pagamento dei crediti agricoli della PAC piuttosto che a svolgere questo antico mestiere…tenuto anche conto che i controlli restano molto spesso sulla carta.

E quale è il risultato di questa politica scellerata? Che la nostra montagna muore, che i pastori locali devono arrendersi e chiudere bottega, già colpiti dai bassi prezzi di latte e carne e dai miseri ristori, e che i giovani si allontanano sempre di più da questo antico mestiere, malgrado un aumento della richiesta dei prodotti ovicaprini locali e di qualità”.

Si chiede, dunque, alla politica nazionale e a quella regionale una politica dei prezzi che renda sostenibile e remunerativo portare avanti questa attività. Non è giusto che scompaia a tutto vantaggio di chi vuole solo fare business, a tutto svantaggio degli storici allevatori che portano avanti questa attività da generazioni. Ci si auspica, infine, un ripensamento che porti a rivedere scelte e motivazioni alla base di tale esclusione, fortemente contestata dalla Confederazione in occasione di diverse riunioni del Tavolo di Partenariato.

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