La medicina territoriale deve diventare realtà

Accese le Glorie; spettacolo nello spettacolo di una tradizione contadina che si rinnova e ci riporta alla notte dei tempi.

Il nostro grazie va a tutti i contradaioli che, con il loro impegno e duro lavoro, sono riusciti ancora una volta a far gioire i bambini e a stupire ed emozionare tutti i convenuti.

Allo spegnimento delle Glorie, rimane però alquanto “accesa”, anzi molto accesa, la questione legata alla mancanza del medico di base, poiché il dottor Di Lollo, che aveva sostituito provvisoriamente la dott.ssa Di Rienzo andata in pensione, si è trasferito in altra sede. Il problema non è di poco conto, in prima linea l’Amministrazione comunale e il circolo PD locale, promotore di una raccolta di firme tuttora in atto. Anche altre associazioni si stanno muovendo affinché si risolva una situazione che penalizza soprattutto i paesi montani.

Il PNRR offre opportunità importanti per il rilancio dell’economia, ma anche per la ristrutturazione del sistema sanitario.

Con l’emergenza pandemica è venuta all’evidenza l’importanza strategica di una medicina territoriale adeguatamente organizzata. Per la realizzazione dell’obiettivo, però, occorrono investimenti non soltanto strutturali, ma soprattutto in termini di capitale umano (medici di famiglia, pediatri di libera scelta, specialisti ambulatoriali, farmacisti, oltre al personale operante in RSA, RA, RADA e centri diurni). E invece le risorse che il PNRR destina alla Sanità (27 miliardi) sono indirizzate quasi esclusivamente alla costituzione di circa 1250 ‘case comunità’. Le risorse per l’assistenza, la prevenzione e la cura dovrebbero essere stanziate dal piano sanitario nazionale, che però non prevede alcun incremento; anzi, lo stanziamento per la Salute passa dal 6,7% del PIL al 6,4% in pochi anni. È certo che le ‘case di comunità’ o ‘case della salute’ costituiranno un presidio indispensabile per garantire l’assistenza ai cittadini che vivono in Comuni anche non molto grandi (fino a 15.000 abitanti) (assistenza di base, cura della cronicità e della fragilità, diagnostica di primo livello, prevenzione e riabilitazione). Restano in disparte, però, i piccoli centri, i Comuni con un numero di abitanti ridotto, o ubicati in aree geografiche a popolazione particolarmente sparsa o anziana. Se le ‘Case della Salute’ fossero l’unico presidio territoriale, magari con un passaggio alla dipendenza di tutti i medici convenzionati che oggi operano sul territorio, tutti i cittadini residenti nelle aree rurali sarebbero privati dell’assistenza.

Meritocrazia Italia insiste nella proposta di immediata istituzione, almeno nei Comuni con un numero di abitanti inferiore a 10.000, di ‘Micro-Team’ costituiti da medico, infermiere e personale di studio (con medici convenzionati organizzati in relazione ai bisogni assistenziali della popolazione in modalità associative diverse, in base alla densità abitativa), riconoscendo la possibilità ai medici di famiglia e ai pediatri di libera scelta di assumere personale di studio e infermieristico al fine di garantire alla popolazione una migliore assistenza e l’apertura degli studi per un numero maggiore di ore, affinché sia perseguita la domiciliarità delle cure e la presa in carico della popolazione, garantendo effettività al diritto alla salute ex art. 32 cost.

Meritocrazia Italia

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